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Riguardo il (vedi:) significato ed uso degli Agnus Dei di cera dimando al post specifico a firma di Fr. Petrus Canisius vaan Lierde.
Riguardo la (vedi:) benedizione degli Agnus Dei compiuta dal Papa - il mercoledì di Pasqua - nel primo anno del suo pontificato e, dopo, ogni sette a quanto ne scrive Dom Prosper Guéranger nel suo celebre trattato sulla liturgia.
L'immagine dell'agnello di Dio trova la sua origine prima nel culto dell'Antico Testamento e anzitutto nell'agnello pasquale degli Ebrei «[...] senza difetto, maschio, nato nell'anno» (Esodo 12,5) - il cui sangue, posto sugli stipiti delle porte, salverà dall'Angelo della Morte ed anche nel sacrificio quotidiano dell'agnello al mattino e al tramonto (Esodo 29,38-39). In questi culti ebraici i cristiani leggono la prefigurazione simbolica del Messia, l'Agnello Immacolato il cui sangue salva dalla morte e il cui sacrificio è perenne.
GLI AGNUS DEI
DI CERA
Riguardo il (vedi:) significato ed uso degli Agnus Dei di cera dimando al post specifico a firma di Fr. Petrus Canisius vaan Lierde.
Riguardo la (vedi:) benedizione degli Agnus Dei compiuta dal Papa - il mercoledì di Pasqua - nel primo anno del suo pontificato e, dopo, ogni sette a quanto ne scrive Dom Prosper Guéranger nel suo celebre trattato sulla liturgia.
Della lavorazione degli Agnus Dei
Riguardo la lavorazione degli Agnus Dei di cera, nel web ho
ritrovato poco o niente. Curiosamente è un sito - un gruppo di discussione -
che tratta di monete a soddisfare la mia fame di saperne di più. La cosa trova anche
una sua ulteriore ragione vista la simile tecnica per forgiare gli Agnus Dei
con l'uso di stampi. L'autore, che usa il soprannome di Barone Influente,
così scrive: "La Simonato, nel suo libro sulle medaglie di Urbano VIII,
già citato da Renzo1940 in altra discussione ("Medaglie papali e
libri…"), è , per quel che ho trovato in giro, l’unica a trattare in
maniera approfondita questi particolari e poco conosciuti (almeno al giorno
d’oggi) oggetti di devozione, dotati di un fascino assolutamente straordinario.
Chiaro pertanto che le poche informazioni in mio possesso sono tratte da quel
libro e da quelle rare fonti che ne trattano sulla rete internet.
L'immagine dell'agnello di Dio trova la sua origine prima nel culto dell'Antico Testamento e anzitutto nell'agnello pasquale degli Ebrei «[...] senza difetto, maschio, nato nell'anno» (Esodo 12,5) - il cui sangue, posto sugli stipiti delle porte, salverà dall'Angelo della Morte ed anche nel sacrificio quotidiano dell'agnello al mattino e al tramonto (Esodo 29,38-39). In questi culti ebraici i cristiani leggono la prefigurazione simbolica del Messia, l'Agnello Immacolato il cui sangue salva dalla morte e il cui sacrificio è perenne.
L'immagine dell'agnello di Dio fu
applicata dal profeta Isaia alla misteriosa figura del servo di JHWH (cfr. Is
53, 7-12). Gli ebrei interpretano per lo più questa figura come un simbolo del
popolo di Israele, anche se essa è stata interpretata anche come una profezia
messianica. L'applicazione di questa profezia a Gesù, identificandolo quindi
col Messia, è proclamata da Giovanni Battista secondo la narrazione del vangelo
secondo Giovanni: « Ecce Agnus Dei, ecce Qui tollit peccatum mundi » (Giovanni
1,29). All'ideale di purezza immacolata,
virtù, espiazione e sacrificio eucaristico, il Battista aggiunge quello della
universalità dello scopo: “Colui che toglie i peccati del mondo”, e non solo quelli
di Israele. Dal Battista, Giovanni Evangelista colse la pienezza del simbolismo
e lo ripeté nel quarto e quinto capitolo dell'Apocalisse, l'altro grande libro
giovanneo. In esso vi sono ventotto riferimenti all'Agnello: l’Agnello immolato
13,8; il sangue dell'Agnello.
GLI AGNUS DEI
DI CERA
- Gli Agnus Dei erano piccole tavolette di cera, sulle quali veniva impressa la figura dell’Agnello Pasquale, coricato su un libro e con vessillo a fianco: nel giro, la frase, assai spesso abbreviata per ovvie ragioni di spazio, "Ecce Agnus Dei qui tollit peccata mundi". In basso, assai spesso, il nome del Papa che li aveva benedetti e consacrati, unitamente all’anno riportato in numeri romani; altre volte, il nome della Città eterna; altre volte ancora, l’anno di benedizione.
La loro forma era circolare o ovale (da quel poco che ho potuto trovare e vedere in rete, forse era più diffusa la forma ovale), di dimensioni variabili, ma comunque sempre paragonabili, per dare un’idea, a quella di una medaglia portativa. La Simonato riporta che, durante il pontificato di Urbano VIII, si assistette ad una progressiva uniformizzazione dei moduli, poi definitivamente stabiliti in "grandi", "mezzani" e "mezzanini".
La loro lavorazione era identica a quella delle medaglie papali. Solo che ovviamente, trattandosi di cera, non si può parlare per essi di conii, bensì di stampe composte da due forme "gettate" in bronzo, sorrette da due verghe di ferro collegate tra loro: le c.d. tenaglie (cito testualmente dal libro della Simonato). Le forme erano preparate dai Maestri zecchieri, vale a dire da coloro che battevano le medaglie papali, ma le cere venivano impresse, per concessione papale, dai monaci Cistercensi dell’Abbazia romana di San Bernardo alle Terme.
La straordinarietà degli Agnus Dei stava nel fatto che essi venivano confezionati non con una cera qualsiasi, ma con i resti del cero pasquale della Cappella Sistina e delle altre Chiese di Roma, i quali venivano benedetti personalmente dal Papa in una cerimonia molto sentita dai fedeli e che si teneva ogni sette anni la settimana dopo Pasqua.
Proprio questa loro particolarità (benedizione personale del Pontefice) li rendeva assai preziosi e soggetti a norme rigorosissime nel loro utilizzo: non potevano essere commerciati (pena la perdita delle loro virtù) e custoditi possibilmente in teche al fine di preservarne l’integrità. A differenza che per le medaglie papali, i cui conii rimanevano in possesso delle famiglie dei Zecchieri (con le conseguenze ben note ai collezionisti) , le tenaglie venivano conservate presso la Sede pontificia e i loro spostamenti sempre rigorosamente seguiti e registrati.
Proprio l’uso delle teche, almeno per quel poco che mi è capitato di vedere, è croce e delizia per gli appassionati del genere:
- è croce, perché impedisce di potere osservare il retro dell’Agnus Dei, in progresso di tempo anch’esso ornato. Le teche, infatti, una volta montato l’Agnus Dei al loro interno, venivano sigillate sul retro con ceralacca sulla quale, a garanzia di autenticità, veniva stampigliato lo stemma vescovile o cardinalizio. Assai rare le teche montate a vetro anche sul retro, che permettevano quindi di osservare il rovescio dell’Agnus Dei;
- è delizia, perché consente di ammirare custodie coeve di rara bellezza, spesso impreziosite da fili di perline a giro e tessuti dorati, ed in alcuni casi anche da reliquie di santi (per chi vi crede…). Senza dimenticare che comunque esse hanno permesso la perfetta conservazione di alcuni esemplari sino ai giorni nostri".
E in questo novero mi ritrovo anch'io, dato che l'Agnus Dei che possiedo è conservato in una bella bacheca di legno su un fondo blu con un ricamo a fare da cornice. La suora del monastero di Santa Susanna in Roma che me lo diede mi fece notare bene come si trattasse di un merletto a occhiello, dunque di particolare pregio.