In una cappella laterale della chiesa di S. Domenico in Spoleto - un tempo titolata al S. Salvatore - era custodito il Santo Chiodo che si dice essere stato uno di quelli che trafissero nostro Signore sulla croce.
Ma egli (Tommaso) disse loro:
"Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò". Gv. 20,25
"Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò". Gv. 20,25
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Del beato Gregorio di Spoleto
e il ritrovamento del Santo chiodo
gettato nell'Adriatico da Sant'Elena
Del beato Gregorio di Spoleto
e il ritrovamento del Santo chiodo
gettato nell'Adriatico da Sant'Elena
Il Santo Chiodo gettato nell'Adriatico da Sant'Elena, fu miracolosamente ritrovato dal Beato Gregorio eremita del Monteluco. E' ritenuto, secondo una tradizione locale, essere proprio quello gettato da Sant'Elena, durante il viaggio di ritorno dalla Terra Santa, nell'Adriatico per sedarne le acque in tempesta.
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Beato Gregorio come un pellegrino a cui un angelo offre la reliquia del Santo Chiodo, di Pietro Labruzzi (ca. 1792), Duomo di Spoleto |
"Nella città di Spoleto Capo dell'Umbria, nella chiesa di S. Salvatore dei Padri Domenicani, si conserva il chiodo che S. Elena (IV sec.) fé gittare nel mare Adriatico, per tranquillizzare le tempeste di quel golfo, che da frequenti naufragi, era detto voragine dei naviganti, trovato miracolosamente dal b. Gregorio Eremita di Monteluchi di Spoleto nel ritorno che faceva da Terra Santa; quale Santo Chiodo, benché sia stato tanto tempo in mare, non li sono però mai cancellate quelle macchie di sangue che anche oggidì si vedono, e è spuntato, e lungo, dicendosi esser di quelli che trafissero li Santi Piedi del Nostro Salvatore". (1)
Nel 1464, dunque, il Beato Gregorio, fattosi pellegrino, tornava dalla Terra Santa senza aver potuto riportarne alcuna reliquia, ma avvertito tre volte da un angelo in sogno, trovò un "Chiodo della Croce di nostro Signore asperso del suo preziosissimo sangue" (2), scavando nella sabbia su cui si era addormentato. Tornato all'eremo di Monteluco, non disse a nessuno del ritrovamento del Santo Chiodo, conservandolo per devozione personale nel suo romitorio, per lunghi anni.
"Alla morte del Beato Gregorio - scrive nel 1672, F. Angelo Paciuchello - il nuovo, inconsapevole proprietario (un altro eremita, ndr) portò quel chiodo da un fabbro che aveva la sua officina vicino alla chiesa del Salvatore (oggi S. Domenico), chiedendo di ricavare una zappa. L'artigiano tentò inutilmente di scaldarlo per ricavarne lo strumento richiesto: stizzito lo gettò allora via gridando "Sei forse un chiodo della croce di Cristo?". Non aveva finito di pronunciare la frase che il suo braccio si paralizzò.
Alle sue grida accorse molta gente. Il confessore del b. Gregorio narrò quanto gli aveva rivelato l'eremita in punto di morte e il vescovo, raccolto il chiodo, toccò il braccio inaridito del fabbro; immediatamente il sangue riprese a circolare e, tra lo stupore dei presenti, il fabbro fu sanato.
Il vescovo dispose che la preziosa reliquia fosse affidata ai PP. Domenicani del vicino convento e da allora in città si diffuse l'uso di segnare i malati con il Santo Chiodo" (3).
- Tale pia legenda fu sanzionata solennemente da vari Pontefici, specialmente Pio V (1504-1572).
- "Nel 1591 era ospite del convento Papa Gregorio XIV, che sofferente di vari mali si fermò a pregare davanti al chiodo e fu guarito. Poi però, il 16 ottobre di quell'anno morì" (4).
- Fu il vescovo Paolo Sanvitale ad aver ordinato il riconoscimento ufficiale della reliquia nel 1597.
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Cappella Benedetti di Montevecchio, dove in una nicchia dell'altare è conservato il reliquiario del Santo Chiodo. |
Divenuta oggetto di grande venerazione (5), il Santo Chiodo è conservato in un reliquiario d'argento (del 1726) all'interno di un altro, che è dorato, entrambi i quali sono opera orafa del romano Ludovico Barchi. Il reliquiario è esposto per l'adorazione ogni anno il Venerdì Santo e il 3 maggio.
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Interno della Chiesa di San Domenico: sul transetto sinistro scorcio della cappella che espone la reliquia del Santo Chiodo |
RAGGUAGLI
"In
un breve opuscoletto a stampa pubblicato nel 1876 dalla Tipografia
dell'Umbria, senza indicazione d'autore, col titolo Memorie del Santo
Chiodo, esso è descritto "di figura oblunga, a sezione quadrangolare,
con punta ottusa; la sua lunghezza è di 23 centimetri, dello spessore
di 20 millimetri. La sua grandezza eccede quella di altri Chiodi che
altrove si venerano, induce a tenere quasi con certezza assoluta, col
dott. S. Anselmo ed altri gravi autori, che sia precisamente quello che
servì a configgere i piedi di nostro Signore".
Di questa reliquia e del modo portentoso con cui si ottenne, hanno fatto menzione anche il Jacobilli, il Campello, il Masini, il Raggi ed altri, e più diffusamente ne tratta P. Pietro Martire Frosciante de' Predi in una dissertazione a stampa (6), nella quale commenta una cronaca antichissima, che afferma sia esistita nel Convento dei PP. Domenicani di Spoleto" (7).
Di questa reliquia e del modo portentoso con cui si ottenne, hanno fatto menzione anche il Jacobilli, il Campello, il Masini, il Raggi ed altri, e più diffusamente ne tratta P. Pietro Martire Frosciante de' Predi in una dissertazione a stampa (6), nella quale commenta una cronaca antichissima, che afferma sia esistita nel Convento dei PP. Domenicani di Spoleto" (7).
2.
Dei Chiodi della Passione
rinvenuti da Sant'Elena
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Sant'Elena con la croce ed i chiodi. Scuola castigliana, XV secolo Secondo Gregorio di Tours i chiodi erano quattro |
Riguardo
le vicende di Sant'Elena, madre dell'imperatore Costantino - dalla
Chiesa Ortodossa venerato come santo anch'egli - S. Ambrogio nel “De
obitu Theodosii” ricorda del viaggio dell'imperatrice-madre in Terra
Santa, il rinvenimento della Santa Croce e dei Chiodi, con queste
parole: “Si recò sul Golghota, i soldati videro quella vecchia donna,
quella vecchia madre aggirarsi e inginocchiarsi tra le macerie – Ecco
il luogo della battaglia: dov’è la vittoria? - disse Elena – Io sono sul
trono e la croce del Signore nella polvere? Io sono in mezzo all’oro e
il trionfo di Cristo tra le rovine? Vedo cosa hai fatto, o diavolo,
perché fosse seppellita la spada che ti ha annientato!” Tanta fede e
tanto coraggio fanno esclamare ad Ambrogio: “Beato fu Costantino per una
tale madre”.
Scrive Michael Hesseman (8) che (i tre chiodi della Santa Croce) nel tardo IV e V secolo, eran circondati da particolare venerazione perché si consideravano santificati dal sangue di Cristo che si era su di loro. Circa il successivo destino, le fonti concordano solo a grandi linee.
In alcuni scritti più tardi - ad esempio in quelli di Socrate Scolastico Sozomeno - si dice che Elena li avrebbe mandati al figlio, Costantino il Grande, che li aveva fatti incorporati nell'elmo e nel morso del cavallo. Racconta Teodoreto (9): "la madre dell'imperare ... diede istruzioni affinchè una parte dei chiodi fosse inserita nell'elmo dell'imperatore, perché il capo di suo figlio venisse protetto dalle frecce dei nemici. Un'altra parte dei chiodi la fece incorporare nelle briglie del cavallo, non solo per garantire la sicurezza dell'imperatore, ma anche per adempiere a un'antica profezia, secondo la quale da molto tempo il profeta Zaccarra aveva previsto: "In quel tempo anche sopra i sonagli dei cavalli si troverà scritto: 'Sacro al Signore" ( ...) chiaro riferimento a Zc 14,20 (10).
Secondo questi primissimi resoconti, Elena dapprima avrebbe portato i chiodi per farli lei stessa incorporare nel diadema imperiale e nelle briglie dei cavalli dell'imperatore. Anche autori successivi confermano questa versione (11).
Scrive Michael Hesseman (8) che (i tre chiodi della Santa Croce) nel tardo IV e V secolo, eran circondati da particolare venerazione perché si consideravano santificati dal sangue di Cristo che si era su di loro. Circa il successivo destino, le fonti concordano solo a grandi linee.
In alcuni scritti più tardi - ad esempio in quelli di Socrate Scolastico Sozomeno - si dice che Elena li avrebbe mandati al figlio, Costantino il Grande, che li aveva fatti incorporati nell'elmo e nel morso del cavallo. Racconta Teodoreto (9): "la madre dell'imperare ... diede istruzioni affinchè una parte dei chiodi fosse inserita nell'elmo dell'imperatore, perché il capo di suo figlio venisse protetto dalle frecce dei nemici. Un'altra parte dei chiodi la fece incorporare nelle briglie del cavallo, non solo per garantire la sicurezza dell'imperatore, ma anche per adempiere a un'antica profezia, secondo la quale da molto tempo il profeta Zaccarra aveva previsto: "In quel tempo anche sopra i sonagli dei cavalli si troverà scritto: 'Sacro al Signore" ( ...) chiaro riferimento a Zc 14,20 (10).
Secondo questi primissimi resoconti, Elena dapprima avrebbe portato i chiodi per farli lei stessa incorporare nel diadema imperiale e nelle briglie dei cavalli dell'imperatore. Anche autori successivi confermano questa versione (11).
Del chiodo gettato o no in Adriatico da S. Elena?
Apprendiamo così da Gregorio di Tours (nel 590 circa) che Elena, nel viaggio di ritorno da Gerusalemme a Roma, durante la traversata dell'Adriatico incappò in una tempesta, che si sarebbe placata quando la madre dell'imperatore ebbe gettato in acqua uno dei chiodi (12).
Elena non sacrificò certo alla furia del mare la preziosa reliquia, è probabile che I'abbia solo immersa in acqua senza lasciarla andare, visto che il racconto prosegue con l'arrivo dei chiodi a Roma".
Probabilmente consegnò le reliquie solo l'anno seguente - nel 326 - quando questi , giunse nella Città Eterna per i posticipati festeggiamenti del ventesimo anniversario della sua ascesa al trono (13).
Conclusione
Ciò che ci appare oggi come atto di presunzione - uno dei chiodi della croce incorporato nelle briglie e nel diadema imperiale! - non andò neanche allora, in epoca tardo-antica, esente da contestazioni. Altrimenti non si spiegherebbe come mai Ambrogio omelia funebre per I'imperatore Teodosio (14), in cui tessè le lodi di Elena, sentisse l'esigenza di spiegare il comportamento della madre dell'imperatore addebitandolo "non all'inverecondia... ma alla religiosità" : "Saggiamente agì Elena che fece collocare la croce al capo degli imperatori".
Gli imperatori, "un tempo persecutori", divennero così "annunciatori del vangelo". Con parole energiche il vescovo, poi proclamato santo, formulò la sua teologia del potere legìttimato dalle reliquie: "Sul capo la corona, nelle mani le briglie: la corona della croce perché la fede possa irradiarsi; le briglì pure della croce perché il potere si imponga e predomini non un ordine ingiusto ma una giusta misura".
Ambrogio presupponeva quindi che il chiodo fosse stato incorporato nella corona imperiale, non nel suo elmo da combattimento, e concludeva orgogliosamente: "Gli imperatori danno maggiore al chiodo della croce che al loro stesso diadema".
Apprendiamo così da Gregorio di Tours (nel 590 circa) che Elena, nel viaggio di ritorno da Gerusalemme a Roma, durante la traversata dell'Adriatico incappò in una tempesta, che si sarebbe placata quando la madre dell'imperatore ebbe gettato in acqua uno dei chiodi (12).
Elena non sacrificò certo alla furia del mare la preziosa reliquia, è probabile che I'abbia solo immersa in acqua senza lasciarla andare, visto che il racconto prosegue con l'arrivo dei chiodi a Roma".
Probabilmente consegnò le reliquie solo l'anno seguente - nel 326 - quando questi , giunse nella Città Eterna per i posticipati festeggiamenti del ventesimo anniversario della sua ascesa al trono (13).
Conclusione
Ciò che ci appare oggi come atto di presunzione - uno dei chiodi della croce incorporato nelle briglie e nel diadema imperiale! - non andò neanche allora, in epoca tardo-antica, esente da contestazioni. Altrimenti non si spiegherebbe come mai Ambrogio omelia funebre per I'imperatore Teodosio (14), in cui tessè le lodi di Elena, sentisse l'esigenza di spiegare il comportamento della madre dell'imperatore addebitandolo "non all'inverecondia... ma alla religiosità" : "Saggiamente agì Elena che fece collocare la croce al capo degli imperatori".
Gli imperatori, "un tempo persecutori", divennero così "annunciatori del vangelo". Con parole energiche il vescovo, poi proclamato santo, formulò la sua teologia del potere legìttimato dalle reliquie: "Sul capo la corona, nelle mani le briglie: la corona della croce perché la fede possa irradiarsi; le briglì pure della croce perché il potere si imponga e predomini non un ordine ingiusto ma una giusta misura".
Ambrogio presupponeva quindi che il chiodo fosse stato incorporato nella corona imperiale, non nel suo elmo da combattimento, e concludeva orgogliosamente: "Gli imperatori danno maggiore al chiodo della croce che al loro stesso diadema".
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S. Chiodo nel Duomo di Milano sospeso sulla "nivola" |
"Questo racconto - scrive Fausto Ruggeri - non
costituisce prova che ai tempi di Ambrogio un santo chiodo si trovasse a
Milano: il vescovo voleva richiamare la tradizione cristiana ostentata
dalla casa regnante sin dalla conversione di Costantino, tradizione alla
quale avevano il dovere di restare fedeli i suoi legittimi successori,
compresi dunque gli eredi di Teosio, presenti al rito esequiale, che si
apprestavano ad assumere i poteri del padre. Il santo vescovo tendeva
altresì affermare il principio che I'autorità imperiale non era
assoluta, ma doveva essere sogetta alla legge divina, la sola che
legittimasse il potere" (15).
Marco V. Stocchi
- NOTE
(1) Cfr. Horologie della Passione di Giesù Christo,
secondo le 24 ore, nelle quali patì ..., composto e predicato da P.
Simone di Napoli, vol II, Stamperia Felice Mosca in Napoli, 1709.
(2) E' una breve citazione tratta dai Comentari sagro-storici della vita, dottrina, e miracoli di Gesu' Cristo figlio di Dio ... , opera di D. Nicolo' Alberti divisa in tre parti, con tre indici .., Stamperia Niccolò Pezzana in Napoli, 1717.
(3) Cfr. Discorsi morali sopra la Passione di Cristo, di F. Angelo Paciuchello O.P., Stamperia Paolo Baglioni, Venezia, 1672.
(4) Vedi il PDF
(5)
Ho letto che si trova nei Musei Vaticani una lapide di marmo con una
iscrizione latina databile alla fine del secolo XV che invita a venerare
devotamente la reliquia.
(6)
La leggenda del Santo Chiodo è stata esposta nel 1644 da P.M.
Frosciante, domenicano di Spoleto, in un'opera, conservata nella
Biblioteca Vaticana, dove ha riportato notizie sui vari chiodi della
Croce: De' Sacri Chiodi con i quali fu inchiodato in Croce il nostro
Redentore et in particolare di uno di essi che si conserva nella Chiesa
di S. Salvatore nella città di Spoleto (Roma, 1644).
(5)
Ho letto che si trova nei Musei Vaticani una lapide di marmo con una
iscrizione latina databile alla fine del secolo XV che invita a venerare
devotamente la reliquia.
(6)
La leggenda del Santo Chiodo è stata esposta nel 1644 da P.M.
Frosciante, domenicano di Spoleto, in un'opera, conservata nella
Biblioteca Vaticana, dove ha riportato notizie sui vari chiodi della
Croce: De' Sacri Chiodi con i quali fu inchiodato in Croce il nostro
Redentore et in particolare di uno di essi che si conserva nella Chiesa
di S. Salvatore nella città di Spoleto (Roma, 1644).
(7) Carlo Bandini, Monte Luco, con prefazione di Ugo Ojetti e 14 illustrazioni di M.T. Bendini, p , Claudio Argentieri Editore, Spoleto, 1921.
(8) Michael Hesseman, Testimoni del Golgota. Reliquie della passione di Gesù, pp 99-100, Ed. San Paolo, Cinisello Balsamo (Mi), 2003.
(8) Michael Hesseman, Testimoni del Golgota. Reliquie della passione di Gesù, pp 99-100, Ed. San Paolo, Cinisello Balsamo (Mi), 2003.
(9) Teodoreto, Hist. Eccl., II,17.
(10) "Il possesso di queste reliquie della Passione da parte dell'Imperatore rafforzava (F. Ruggeri, op. cit. nelle note, p 6).
(11) Sul ritrovamento delle reliquie della Passione da parte di sant'Elena si occupano vari autori di storia ecclesiastica, quali Ruffino, Teodoreto, Paolino d'Aquileia, Niceforo Callisto, Socrate Sozomeno, citati da A. Tamborini, Un'insigne reliquia della Passione del Duomo di Milano, p 18, Milano, 1933.
(12) Secondo Gregorio di Tours i chiodi erano quattro.
(10) "Il possesso di queste reliquie della Passione da parte dell'Imperatore rafforzava (F. Ruggeri, op. cit. nelle note, p 6).
(11) Sul ritrovamento delle reliquie della Passione da parte di sant'Elena si occupano vari autori di storia ecclesiastica, quali Ruffino, Teodoreto, Paolino d'Aquileia, Niceforo Callisto, Socrate Sozomeno, citati da A. Tamborini, Un'insigne reliquia della Passione del Duomo di Milano, p 18, Milano, 1933.
(12) Secondo Gregorio di Tours i chiodi erano quattro.
(13) Gregorio di Tours, De gloria martyribus, I,6.
(14) Ambrogio di Milano, De obitu Theodosi.
(15) Fausto Ruggeri, Il Santo Chiodo venerato nel Duomo di Milano, p 5, Nuova Edizioni Duomo, Mi, 2005. (14) Ambrogio di Milano, De obitu Theodosi.
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Si consiglia la visione del sito Reliquiosamente
della dott.sa Nicoletta De Matthaeis
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Lato est della chiesa di S. Domenico: foto sopra, il portale; foto a sinistra la torre campanaria con l'orologio. |

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Facciata principale |
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Scorcio della facciata della chiesa di S. Domenico |
SAN DOMENICO
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